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 ARTIGIANATO 

 

Nel Molise l’artigianato è ancora molto vitale

 

L'artigianato molisano poggia sulla bravura dell'opera manuale e si accompagna ad un'attenta e sensibile evoluzione dei tempi, che ha cura di non alterare il senso stesso della tradizione. Le botteghe che sopravvivono sono concentrate per la maggior parte nei paesi di montagna che, proprio perché isolati e tagliati fuori dai traffici e dai mercati, un tempo dovevano essere autosufficienti, con la produzione di attrezzi da lavoro, utensili da cucina, arnesi ed oggetti di uso quotidiano. Qui ha avuto origine l'artigianato tipico che, oggi, sopravvive nei settori della ceramica, della terracotta, del ferro battuto o lavorato, dell'acciaio traforato e non, della tessitura, dei merletti a tombolo, del rame lavorato e sbalzato, degli strumenti musicali.

 

La lavorazione dell'argilla è, tra le attività artigianali, certamente la più antica. Di essa restano tracce a Guardiaregia e a Campobasso. A Guardiaregia, dove un tempo molte erano le famiglie dei "pentolai", oggi soltanto poche unità continuano a ripetere gli stessi gesti del piede che va su e giù e muove il tornio, mentre sapienti mani modellano la creta per trarne pentole e tegami. Pentole e tegami di tutte le dimensioni, ottime per cuocere legumi, friggere uova e mantenere calda la zuppa di pesce, con il pregio di conservare gli odori e di costare poco. A Campobasso è stato Vittorio Villani l'ultimo artefice di un'attività che risale al XV secolo. Le forme, ciotole e vasi dai corpi panciuti con decorazioni vegetali o animali nei colori di sempre: blu, verde bottiglia, ocra e marrone. Fino a non molti anni fa, particolarmente attiva era anche la produzione di embrici e di mattonelle per pavimenti a Gambatesa, Castelbottaccio ed in altri paesi.

 

La lavorazione del cuoio, ad opera dei vardai, era praticata in un tempo non molto lontano a Bonefro, come a Carpinone, Castelbottaccio, Castelmauro, Fornelli, Fossalto, Monteroduni, Pescolanciano, Palata, Sant'Elia a Pianisi, Toro e Vinchiaturo, dove si producevano selle e finimenti per animali da cavalcatura, basti e barde per quelli da soma. La lavorazione del cuoio sopravvive ancora a Campobasso, a Bojano e a San Martino in Pensilis, ma Sant'Elia rimane, comunque, uno dei mercati più importanti. Un artigianato entrato, oggi, nell'arredamento; è di moda, infatti, avere nel soggiorno rustico o nell'angolo caratteristico del bar, un basto autentico a far da sgabello o un basto in miniatura ravvivato da fiocchetti di lana variamente colorata.

 

La lavorazione della canapa per corde e funi si ritrova ancora, ma rarefatta, a Bojano, Frosolone, Guglionesi, Ripalimosani, Isernia e Venafro, luoghi in cui resiste un tradizionale mercato di specie.

 

La tessitura, fatta a mano su telai semplici e rudimentali, che lasciano tutto all'abilità manuale delle donne, alla loro inventiva, al gusto dell'armonico accoppiamento dei colori ha origine antiche. Come altrove, purtroppo, anche nel Molise questa forma d'artigianato va estinguendosi e i telai battono sempre più di rado nelle vecchie case.

 

Tra i manufatti ricordiamo:

i tessuti dei paesi slavi (Montemitro, San Felice del Molise ed Acquaviva Collecroce) che conservano ancora oggi l'uso della tessitura a mano, su telai di legno, per fare coperte, stuoie, panno grezzo e finissimi tovagliati che ripropongono l'originaria tradizione croata, affidata alla tipicità dei disegni ed alla vivacità dei colori tramandati di generazione in generazione;

i panni nella vallata dei Trigno, tipici di Roccavivara, Trivento e Montefalcone, dove le donne impegnavano il tempo libero con la tessitura della lana. La produzione, oggi, è drasticamente scemata, così come anche a Lucito, a Castelbottaccio ed a Castelmauro sono rare le "gualchiere" che continuano a battere il panno ottenuto dai tradizionali telai di legno;

le coperte di lana, una lavorazione un tempo estesa a tutto il territorio regionale, in misura notevolmente ridotta, sopravvive a Capracotta, Agnone e San Pietro Avellana, dove si possono ancora trovare le tipiche coperte dai colori naturali (bianco e marrone) e dai caratteristici disegni geometrici (quadrati e losanghe).

 

I pizzi e merletti a tombolo, fanno di Isernia una seconda Burano per originalità e caratteristica. La lavorazione dei merletti a tombolo, che le donne effettuano con rara maestria sul tradizionale pallone, facendo guizzare tra le agili dita i tummarielli è un'arte raffinatissima importata probabilmente dalla Francia. Fino a qualche tempo fa, le ragazze imparavano i segreti della lavorazione dalle madri e dalle sorelle più anziane nel vicolo, all'ombra delle case. Oggi, l'Istituto d'Arte ha aperto una sezione dedicata allo studio del merletto e, quindi, alla conservazione di questa forma di arte autentica, radicata nella memoria e nel territorio.

 

Le zampogne ancora oggi vengono fabbricate a Fontecostanza, una borgata a pochi chilometri da Scapoli, sullo sfondo delle Mainarde, per opera delle famiglie Di Fiore e Gualtieri, che nella bottega profumata di antica vita si dedicano ad una secolare tradizione, mantenuta in vita dalle mani sapienti di intere generazioni. La zampogna molisana, il tipico strumento pastorale che fa tanto Natale in ogni angolo del mondo occidentale, è realizzata con legno di ciliegio o di ulivo, d'albicocco, di prugno o di mandorlo stagionato al sole, assemblato a pelli di capra o di pecora opportunamente trattate.
A Scapoli, alla fine del mese di luglio, da anni si ripete la Mostra-Mercato e Festival della zampogna, e si può visitare il Museo che espone strumenti di produzione locale ed estera.

 

Gli intagliatori del legno nel passato erano i pastori che, nelle lunghe attese del pascolo o durante i rigidi inverni, lavoravano pezzi di legno per farne mestoli, forchettoni, sedie rustiche e recipienti per usi vari. I pochi superstiti continuano con l'ascia ed il coltellaccio questa tipica attività che si tramanda da secoli.

 

I coltellinai di Frosolone, un centro di montagna presso le sorgenti del torrente Durone, non lontano dalla Montagnola, luogo di villeggiatura estiva, continuano a produrre lame secondo regole e forme immutate. In epoca spagnola, le lame di Frosolone gareggiavano in rinomanza con quelle di Toledo. Benedetto Croce narrava divertito di aver sentito lodare i rasoi di Campobasso "da un negoziante di Amburgo". A Frosolone, ogni anno, si svolge la "Mostra Mercato Nazionale delle Forbici e dei Coltelli" con l'utilizzo di botteghe artigiane collocate lungo un percorso che si snoda nel cuore del centro storico della cittadina. La mostra è la valida testimonianza di una tradizione artigianale ancora viva che perpetua un'arte antica, messa a dura prova dalla concorrenza industriale.
Il tipico prodotto di Frosolone "fatto a mano e su misura", sono gli esclusivi coltelli e forbici: Zuava con manico tartarugato; coltello a scatto; coltello a molla fissa; coltello "gobbo di Frosolone"; temperino; sfilato; mozzetto; coltello da innesto; forbici da sarto, da barbiere, da potatura, da ufficio e da manicure; pugnali e sfoglia carte di foggia varia personalizzati, di volta in volta, dall'artigiano-ideatore con accorgimenti ed ornamenti pregiati in osso bianco e colorato, in argento, corno, legno, madreperla e, sovente, finemente lavorati ad intarsio con procedimenti tipici ed esclusivi. Alla Mostra–Mercato, si accompagna la "Festa della Forgiatura", con la realizzazione in piazza di ferri taglienti e la produzione di barre in acciaio damascato per ricavarne lame e oggetti taglienti. Il sistema di forgiatura ricorda il tempo andato, allorché gli utensili venivano realizzati ed ideati esclusivamente dalle mani del fabbro-artigiano-artista, e conserva tuttora l'antico fascino e mistero di un'attività che ha avuto origine in tempi remotissimi con tecniche di esecuzione tramandate da generazione in generazione.

 

L' artigianato a Isernia si connota per la finezza delle ceramiche, del rame sbalzato e del ferro battuto, la cui lavorazione, oltre che nelle botteghe artigiane, si apprende nell'Istituto Statale d'Arte che ha assorbito, esaltandola, la maestria di impareggiabili maestri artigiani. Un tempo, nella città abbondavano fonderie, lanifici, pastifici, cartiere, centrali idroelettriche favorite dalle acque del Carpino e del Sordo.

 

Le lame di Campobasso sono soltanto un ricordo. Fu Carlo III di Borbone a proibire la produzione delle armi, così che le numerose botteghe che si allineavano lungo il Borgo dei ferrari, oggi via Ferrari, trasformarono la lavorazione delle lame e dei pugnali in quella meno bellicosa e più domestica dei coltelli, delle forbici e dei rasoi. Non più, quindi, lame finemente cesellate, ma utensili che, arricchiti e impreziositi con l'arabesco del traforo, lasciano invitta l'arte dell'acciaio lavorato a mano.

 

La lavorazione del rame e del ferro battuto molto diffusa ad Agnone, dove i calderari, gli orafi, i fabbri ferrai, i ramai hanno contribuito a conservare nel tempo le tipiche lavorazioni utilizzate per arredi di edifici pubblici e privati, per ornamento personale, per attrezzi ed utensili da lavoro e da cucina, facendo della cittadina altomolisana il centro più noto in questo settore.
Col rame si producono ancora le tine per l'acqua, i bracieri, i piatti ornamentali, i mestoli ed altri utensili sagomati con gusto antico, oggetti particolarmente apprezzati dagli amatori e dagli arredatori di ambienti rustici. Chi lavora il ferro battuto riesce a trasformare una grezza sbarra metallica in artistici oggetti, balaustre, portavasi, lanterne, alari per caminetti, animali strani e fantastici, fiori e soprattutto rose. Rose di ferro, in cui la tenue venatura delle foglie sa di ricamo e di pazienza.
Anche a Campobasso, la lavorazione del ferro battuto ha origini antiche ed è testimoniata dalle opere di arredo pubblico e privato eseguite dai maestri Tucci. Un'arte che, ancora oggi, viene praticata in alcune botteghe.

 

Le campane di Agnone, conosciute in tutto il mondo, sono il risultato della secolare attività della Pontificia Fonderia Marinelli, che pratica la difficile e singolare arte della costruzione delle campane, secondo regole immutate. Dall'anima in mattoni, ricoperta da tre strati di argilla (il mantello) levigata e decorata con rara perfezione artistica — come testimoniano i "calchi" allineati nella fonderia — nasce la falsa campana che, riscaldata secondo la tecnica a "cera persa", viene fusa con una colata di bronzo preparata con rame e stagno.
L'arte di fondere campane è un'antica specialità degli artigiani agnonesi, e i Marinelli sono l'eloquente esempio di una famiglia animata da spirito di iniziativa, sicura del proprio mestiere. Sono essi che hanno fuso le migliaia di campane che squillano dall'alto dei campanili delle maestose cattedrali e delle modeste cappelle del Molise, della Puglia, del Lazio e della Campania, in Italia ed all'estero, nelle Americhe, in Russia, persino nel Vietnam. La fonderia realizza con successo anche fusioni in bronzo per porte di chiese e riproduzioni di antiche epigrafi.

 

fonte testo: www.moliseturismo.eu

 

 

 

 

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